La Pacchiona. Uno studio

24/11/2020

Cosa voglia dire innamorarsi di una donna molto colta, molto simpatica, molto affascinante, ma molto grassa e dichiararlo, oltre che a stessi, anche agli amici del proprio ambiente (siciliano), in cui il sistema di valori è fondato sull’apparenza, sull’essere fisicamente carini, esteticamente gradevoli e socialmente omologati. Intorno a questo tema ruota “La Pacchiona”, una versione siciliana del Fat Pig di Neil LaBute, che sarebbe dovuto andare in scena durante la rassegna estiva ma che, a causa dell’emergenza Covid-19, come altri spettacoli, purtroppo è stato cancellato.

Proprio come gli altri spettacoli estivi, anche La Pacchiona sarà riprogrammato nel 2021. Ma qui, per darvene un ampio assaggio, per accompagnare comunque l’impegno degli attori, per declinare la scena teatrale in una fruizione digitale e gratuita, ve ne proponiamo uno studio. Un dietro le quinte inedito e affascinante che, in una sorta di dialogo dal vivo con il palcoscenico del teatro, vi svela la tessitura dello spettacolo e vi permette di entrare sin d’ora in relazione con i protagonisti, in uno scambio continuo tra realtà e interpretazione del testo. In questa clip di mezz’ora non solo si familiarizza con i personaggi, il loro corpo, il loro modo di comportarsi, i loro sogni ricorrenti, i loro pesi e i loro drammi. Ma, anche grazie agli interventi dello loro madri, si riesce a capire che il vero nodo, il vero ingombro, la vera distanza prima ancora che sociale  è quella affettiva e familiare. 

Lo studio è stato realizzato e montato da Antonio Parrinello, durante le prove. La traduzione del testo di LaBute è di Marcello Cotugno e Gianluca Ficca. La regia è di Marcello Cotugno. In questa clip ci sono le interviste agli attori Paolo Mazzarelli, Federica Carruba Toscano, Alessandro Lui, Chiara Gambino. E alle loro madri (o per meglio dire: a delle gentili signore che si sono prestate al gioco di interpretare le loro madri). Che ci danno un punto di osservazione e una chiave di lettura interessanti, per poter comprendere il testo, le sfumature della storia e la sua resa scenica.

 

 

Note di Regia
Il tema dell’essere “carini”, esteticamente gradevoli e socialmente omologati, è centrale in Fat Pig, (da cui è tratta la nostra versione siciliana del testo originale), come in altri due testi dell’autore americano: La forma delle cose e Reasons to be Pretty, a formare quella che lui stesso definisce “Trilogia della bellezza”. L’idea di trasportarla in Sicilia nasce dalla mia collaborazione con Paolo e Federica, attori con cui condivido un’idea di teatro vivo, calato nella realtà e nel divenire del nostro tempo. Come è stato messo in risalto da Thomas Bell, professore universitario di geografia urbana, nel saggio di Neil LaBute A Casebook, è lo stesso LaBute a suggerirci che i suoi testi, non avendo quasi mai una reale collocazione geografica, sono scritti per poter adattarsi ad ambientazioni differenti. D’altra parte, Fat Pig è anche un testo sul concetto di diversità. E, nel meridione d’Italia, l’inclusività e l’accoglienza nei confronti di chi, in un modo o nell’altro, diverge dalla norma – o dal cliché – non possono, ancora oggi, darsi per scontati. Il meridione, e la Sicilia in particolare, ha inoltre una fortissima cultura del cibo, spesso visto come un collante sociale. Ma il cibo è anche  rifugio, valvola di sfogo, e rimedio contro l’insoddisfazione di cui un individuo emarginato è facile. Il testo, dedicato da LaBute a David Mamet, suo idolo in gioventù, racconta la storia di Tommaso, un milanese trapiantato in Sicilia, che si invaghisce di Elena, una bibliotecaria gentile, simpatica e dai molti talenti, apparentemente perfetta per lui se non per il fatto di essere una “taglia molto forte”. Le chiacchiere e le ironie sulla grassezza di lei da parte degli amici saranno per Tommaso il principale ostacolo al rapporto. L’aspetto fisico, infatti, non deve deludere i gusti dell’ambiente sociale a cui apparteniamo: molti tra i personaggi di LaBute finiscono quindi col permettere al giudizio degli altri di dominare le proprie vite e di determinare le proprie scelte, anche a costo di rinunciare alla felicità in nome del pensiero comune. Ma mentre Tommaso è vittima suo malgrado di questa dittatura della bellezza, Elena, la protagonista/eroina di La pacchiona, sembra essere a suo agio nonostante il mondo esterno cerchi di escluderla. Lei, d’altra parte, ormai così abituata a non essere vista, abita il suo “mondo parallelo”. Il suo appartamento, il suo rifugio sicuro, in cui le fanno compagnia i personaggi e le scene dei vecchi spaghetti western (nell’originale film di guerra), solitamente parte di un immaginario prettamente maschile. Lo spettacolo segue lo stile del teatro da camera, citando l’Intima Teatern di August Strindberg e puntando i suoi atout sulla recitazione relazionale e sulla credibilità dei personaggi. Una scena essenziale e simbolica che veicola rimandi al contesto ed ai tremi della narrazione. Gli elementi scenici, agilmente, si adattano e trasformano con l’evolversi della vicenda, sfruttando lo spazio in modo da coinvolgere lo spettatore nell’azione, soluzione adatta a una pièce che racchiude in sé una forte carica empatica e veicola una matrice sociale fortemente allusiva al contemporaneo.
Il progetto è anche per noi l’occasione di iniziare una collaborazione con il Teatro Stabile di Catania e con la sua direttrice Laura Sicignano, attenta alle istanze del contemporaneo e al coinvolgimento del territorio. Lo spettacolo, inoltre, ha previsto una fase di provini per giovani attori siciliani, tramite i quali è stato possibile il completamento del cast. Come nella tradizione postmoderna, sarà il pubblico a dover trovare le risposte alle azioni degli attori in scena e, una volta tornato a casa, a rivolgere lo sguardo su sé stesso. È questa l’amara catarsi di LaBute: offrirci un’occasione per guardare a ritroso le nostre vite, per rifare il doloroso conteggio di tutto quello che ci è stato dato e tolto, di tutto quello che noi abbiamo lasciato andare, e di tutto quello che gli altri ci hanno fatto credere. Un inventario crudele, di una vita forse solo apparentemente felice, che in realtà è stata una continua guerra piena di sconfitte e con pochissime vittorie sul campo. Almeno fin qui.

Marcello Cotugno

LA PACCHIONA – Primo studio
Una versione siciliana di Fat Pig di Neil LaBute
traduzione di Marcello Cotugno Gianluca Ficca
adattamento a cura della compagnia
con Paolo Mazzarelli, Federica Carruba Toscano, Alessandro Lui, Chiara Gambino
regia Marcello Cotugno
scene e costumi Luigi Ferrigno, Sara Palmieri
luci Gaetano La Mela
colonna sonora a cura di Marcello Cotugno
aiuto regia Martina Gargiulo
audio Giuseppe Alì
musiche
Drogata schifosa (Davide Panizza) eseguito da Pop X
Italove (Emmanuelle) eseguito da Emmanuelle
Torna con me (Gianni Maroccolo e Claudio Rocchi) eseguito da Gianni Maroccolo
Meglio (Andrea Laszlo De Simone) eseguito da Andrea Laszlo De Simone
riprese e montaggio Antonio Parrinello
produzione Teatro Stabile di Catania