In cerca di un si

Il racconto, (quasi una fiaba a dire il vero) In cerca di un sì affronta attraverso un plot piuttosto bizzarro temi centrali nella scrittura brancatiana: ipocrisia e falsità intesi come fattori che danneggiano lo spirito. La nostalgia della vita lusinga Riccardo, che, morto in un terribile incidente vorrebbe tornare nel regno dei vivi. Per fare questo deve però procurarsi, su un rotolo celeste datogli dal Gran Segretario, un Dio laicissimo e burocrate, l’approvazione da uno tra gli amici del protagonista ancora in vita. Una fantasia questa che diventa subito il pretesto per disegnare un formidabile campionario di tipi tratteggiati quanto basta a enunciare un cinico giudizio sulla generosità degli uomini:
Luigi la cui vita animosa e solerte aveva sempre dovuto lottare con uno strano sonno che all’improvviso le si buttava addosso; Leopoldo, un uomo, come si suol dire, d’azione, che tracannava la sua giornata d’un fiato; Leone, la cui natura era portata, più che a soffrire o a esser lieta, a domandarsi “Perché? Cos’è? Donde? Verso dove? Come mai?”; il professor Resegoni, uomo amabilissimo, lieto sempre che qualcuno, sia pure l’ombra di un amico morto, gli venisse accanto e gli desse modo di conversare; Giovanni, immerso nel suo beato ottimismo; Guglielmo, che aveva riconquistato la serenità nella quale si andava perdendo la mania delle domande…
Nessuno, di costoro crede valer la pena di scrivere due lettere, un sì!. Asciutta, sfilacciata e dolente, la scrittura di Brancati è perfetta per raffigurare il ruolo dell’escluso: poche pennellate che conferiscono al racconto un ritmo indiavolato, e un fare sempre fortemente ironico perfetti per una narrazione sul palco.