CAMBIO DI STAGIONE. Ricrescono le nostre radici
C’era una volta una bella eccezione alla sofferente vita delle istituzioni teatrali del sud.
Era il Teatro Stabile di Catania. Aveva oltre quattordici mila abbonati. Produceva un grande numero di spettacoli ogni anno che giravano per l’Italia e nel mondo. Era stato fondato, tra gli altri, da un grande organizzatore culturale e da uno dei maggiori attori del suo tempo, si chiamavano Mario Giusti e Turi Ferro. Il Teatro era già attivo quando gli altri due Teatri stabili del Sud, quelli di Napoli e Palermo, neanche esistevano.
Ad un certo punto questo splendido giocattolo, fornitore di sogni e risate, si è rotto. Sono sicuro che le persone che avevano in mano il giocattolo non avrebbero mai voluto che si rompesse e quelli che l’hanno successivamente avuto in mano hanno cercato con ogni sforzo di ripararlo. Ma è difficile riparare un giocattolo una volta che si è rotto. Sopratutto quando non hai più Mario Giusti e Turi Ferro.
È esattamente a questa ardua impresa che il nuovo cda, la nuova Presidente Rita Gari Cinquegrana e il sottoscritto sono chiamati.
Mi è capitato già una volta di “ereditare “ un teatro in cattive condizioni e riportarlo in auge.
Era il Teatro stabile della mia città, Napoli, che trovai con 2300 abbonati e la posizione di penultimo Stabile italiano come sovvenzione ministeriale. Quasi nove anni dopo l’ho lasciato con 7 mila abbonati e la posizione di sesto Teatro nazionale.
Speriamo di riuscire una seconda volta in un piccolo miracolo.
Appena chiamato al capezzale dell’ammalato ho pensato subito alla sua identità. È chiaro che un teatro stabile in salute deve fare tutto: classici, sperimentazione, danza, teatro sociale, etc.
Ma un teatro stabile ammalato deve innanzitutto tornare a sé stesso. Alla letteratura teatrale siciliana e a una bella, importante, squadra d’attori che metta assieme talenti di varia provenienza con la scuderia ancora vitalissima degli attori catanesi.
Questa convinzione spiega le mie due regie, che non a caso riguardano due capolavori di Pirandello e che mettono assieme un grande vecchio come Eros Pagni, uno dei maggiori attori italiani viventi, amatissimo dal pubblico cittadino e già protagonista di altre coproduzioni , con attori catanesi e non. Invece per la seconda regia, punto su una giovane, la mezza siciliana Lucia Lavia, forse il talento più limpido della sua generazione, con un’altra squadra di eccellenti attori, tra cui spicca il piglio vivacissimo di Alessandra Costanzo. Queste due squadre fanno intravedere i contorni di una grande compagnia stabile che è sempre stata il centro dei miei progetti quando ho diretto teatri stabili.
Ma ovviamente non c’è solo Pirandello. Come dimenticare Verga e un’attrice catanese doc adorata in città come Donatella Finocchiaro? E come dimenticare Sciascia, uno dei miei scrittori preferiti, affidato ad un regista catanese di qualità come Giovanni Anfuso e ad un interprete di classe come Giuseppe Pambieri?
Se dobbiamo tornare alla nostra identità non dimentichiamo però la drammaturgia contemporanea e lo facciamo con due testi molto diversi tra loro: uno, ad opera di Claudio Fava, celebra in modo antiretorico e per nulla convenzionale l’anniversario della morte di Borsellino; l’altro, ad opera del premio Nobel Mario Vargas Llosa, traduce in teatro alcuni episodi del Decamerone e implicitamente ricorda l’uscita da una pandemia, un segno bene augurante per la prima stagione post Covid. Anche in queste due produzioni sono in vista talenti catanesi come David Coco e Angelo Tosto.
Conclude la stagione un bagno nelle origini del TSC: L’altalena di Martoglio con un squadra di fuoriclasse catanesi come Tuccio Musumeci, Mirko Magistro e Guia Jelo.
Copruduciamo con il Teatro della Città due spettacoli e collaboriamo con il suo direttore, l’amico Orazio Torrisi, ma siamo pronti a collaborazioni con ogni Teatro catanese oltre alla grande alleanza con il Biondo di Palermo.
Significativa anche la coproduzione con Scenario Pubblico per lo spettacolo Kristo, nuova creazione di Roberto Zappalà.
Un teatro stabile si basa innanzitutto sulle sue produzioni ma la nostra rinascita deve essere principalmente il ritorno del nostro pubblico, dei nostri abbonati che da quattordici mila sono arrivati a meno di mille. Speriamo che nomi come Gabriele Lavia, genius loci, Andrea Camilleri, Pamela Villoresi, Giovanni Esposito, Emilio Solfrizzi, Guglielmo Ferro, possano farci recuperare parte del pubblico che negli anni abbiamo perso. Lo possiamo sperare anche perché offriamo a quel gruppo di abbonati (eroici !) che hanno resistito e ai molti che vogliamo recuperare una sala più confortevole, che sarà calda d’inverno e fresca d’estate (e non l’inverso, com’era finora) con poltrone nuove , ben diverse da quelle a dir poco spartane che c’erano finora. In vent’anni di direzione di Teatri molto raramente ho sostituito un titolo una volta annunciato e sempre per responsabilità altrui. Prometto quindi al pubblico che non si troverà più di fronte a cattive sorprese.
Dobbiamo questo riscatto alla nostra città e alla nostra regione. Bisogna anche porre la speciale questione meridionale del Teatro. Infatti la galleria di autori e attori del sud surclassa quella di ogni altra zona d’Italia. Cosa sarebbe il nostro novecento teatrale senza Pirandello ed Eduardo, senza Totò e Turi Ferro, senza la marea di aspiranti attori che popolano la Sicilia e la Campania?
Eppure solo un teatro nazionale è nato sotto Roma, il nostro Teatro ha perso posizioni ministeriali e da molti anni lo Stabile non effettua quelle tournée internazionali che davano lustro alla Sicilia e che erano quasi abituali negli anni d’oro. Catania e la Sicilia non meritano questa decadenza e i teatri della Regione devono tutti, ad iniziare dai due Stabili, allearsi per costituire un polo di eccellenza . Ci sono purtroppo molti aspetti della vita italiana in cui questi poli sono situati al nord. Quando capita che qualcosa la facciamo meglio noi abbiamo il diritto / dovere di far sentire alta la nostra voce.
Il direttore
Luca De Fusco