Estate 1944. L’Italia è travolta dalla guerra civile. La gente è confusa, stanca, spaventata. Molti sfollano in campagna. Gli uomini sono in guerra, in montagna, molti sono morti. Restano le donne e si barcamenano per sopravvivere. Le storie di queste donne sono emblematiche ed esplose come bombe. Nei loro occhi è rimasto il fermo immagine di un evento che le ha segnate per sempre e che esse continuano a raccontare all’infinito perché non venga dimenticato. I vecchi raccontano sempre la solita storia. Diceva una canzonetta del tempo: non dimenticar le mie parole. La preghiera, la ritualità, la natura, il cibo, il corpo: sono elementi profondamente femminili. Sono esplosi durante la guerra. Le donne cercavano di mantenere dignità, femminilità e normalità quando nulla era dignitoso né normale. Si sono trovate improvvisamente in circostanze estreme: fame, pericolo, violenza. L’intensità delle loro spesso brevi vite, rende queste donne eroine, che siano vittoriose o sconfitte e ingannate. Ma le donne antiche, quelle legate alla terra, al corpo, sanno che ad ogni morte segue una nascita, e chiamano forte la pace.
Sfollati. Bombardamenti. Razionamenti. Deportazioni. Queste parole mi richiamano i racconti di infanzia delle nonne, che contribuirono più di ogni romanzo a creare il mio universo fantastico e valoriale: donne sole che si guadagnavano la sopravvivenza con la forza del carattere, l’indipendenza con l’inventiva, con l’ironia qualche lusso, con la saggezza la ribellione. Storie raccontate con parole antiche e piene di figure, crude e vive. Storie sicuramente poco adatte ad una bambina, ma secondo le mie nonne, giuste per spiegare il mondo. Storie a cui attingere a piene mani per personaggi scolpiti come miti, eroine che rifondavano le nostre identità di donne moderne, indecise, infelici e viziate. Storie che la mia generazione è stata l’ultima ad ascoltare dalle protagoniste. Dalla Storia, dalla Memoria volevo raccogliere storie classiche, non cronaca, non minimalismo. Con Alessandra Vannucci – coautrice – abbiamo raccolto storie di guerra da racconti famigliari o da testimoni del tempo per raccontare sei donne fulgide e forti, ciascuna del proprio destino di eroina più che di vittima, giovani e ingenue come le combattenti di allora, ribelli, impazzite di vita e di dolore. Il pubblico viene coinvolto nelle piccole tragedie quotidiane delle sfollate degli Anni Quaranta in un viaggio fisico e temporale: partigiane, fasciste, contadine, operaie, borghesi. Non mogli o figlie di qualcuno, bensì protagoniste, donne che si emancipano attraverso la guerra, prendono una posizione e a volte la pagano cara. Le attrici recitano a contatto diretto con gli spettatori, attori e testimoni della storia. I destini delle donne in guerra si compiono tra vendette e omicidi, come fu, durante gli anni censurati, quelli della Repubblica di Salò. Infine eccole, illuminate solo da tenui fanali, si spogliano, perché “nudi si va alla morte” e cantano in un dolce coro “Non dimenticar le mie parole”.
Laura Sicignano